La Corte di Cassazione, con recentissima ordinanza n. 27413/2017, ha enunciato i criteri volti a distinguere le due posizioni successorie: si acquisisce la qualità di erede quando si subentra nella titolarità dell’intero patrimonio ereditario o in una quota di esso, mentre si diventa legatari se il testatore attribuisce la titolarità di singoli e individuati beni.
La vicenda trae origine dalla domanda di riduzione promossa dal moglie di un defunto, nei confronti delle disposizioni testamentarie, con le quali, quest’ultimo, lasciava la maggior parte dei suoi beni ad una sorella, nominata unica erede, mentre alla moglie, con cui peraltro non aveva figli, solo determinati beni. Ricordava la Corte che si ha una istituzione di erede ex re certa quando il testatore attribuisce all’erede non una quota dell’intero patrimonio ereditario, ma una o più cose determinate. In questo caso, infatti, non si ha legato, ma una vera istituzione di erede tutte le volte in cui risulta evidente che il testatore ha inteso i beni assegnati come rappresentativi di una quota di eredità.
Si configura, invece, un legato quando un soggetto succede in uno o più determinati diritti reali o in uno o più rapporti determinati, che non vengono considerati come quota dell’intero patrimonio del defunto, ma come beni specifici.
Se il legato viene lasciato in conto di legittima, il legittimario, qualora il valore del legato sia inferiore alla quota di legittima, può chiedere la differenza acquisendo la veste di erede. Se il legato viene lasciato in sostituzione di legittima, il legittimario può scegliere di rinunciare al legato e chiedere la legittima, oppure conseguire il legato e perdere il diritto di chiedere un supplemento nel caso in cui il suo valore sia inferiore a quello della legittima.
A fronte di tali precisazioni, la Corte ha confermato la pronuncia di primo grado, ritenendo che la moglie fosse stata istituita erede e dunque che l’attribuzione a lei fatta non potesse qualificarsi come legato in conto di legittima.