Se litigo col capo non posso essere licenziato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11027 del 5 maggio 2017, si è occupata di un interessante caso che potrà essere utile per rispondere a questa domanda.

Il licenziamento è legittimo solo nel caso in cui la condotta del lavoratore costituisca una vera e propria “insubordinazione”.

Mentre nel caso considerato dalla suprema Corte il licenziamento era stato intimato in quanto, in occasione di un litigio tra il lavoratore e il proprio superiore, il dipendente aveva utilizzato un’espressione ingiuriosa, che era stata ritenuta di gravità tale da giustificare il licenziamento per giusta causa (art. 2119 cod. civ.).
A seguito della sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, la società datrice di lavoro era stata condannata a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori).

 

HO DENUNCIATO IL TITOLARE ORA PUO’ LICENZIARMI ?

PUÒ ESSER LICENZIATO IL LAVORATORE CHE DENUNCIA IL DATORE DI LAVORO? 

Non può essere licenziato per giusta causa il lavoratore che querela il datore di lavoro, a meno che non venga dimostrato il carattere calunnioso della denuncia.

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22375 del 26 settembre 2017, si è occupata di un altro interessante caso di impugnazione del licenziamento intimato per “giusta causa” (art. 2119 c.c.).

Nel caso esaminato dagli Ermellini, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, resa dal Tribunale della stessa città, aveva confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa del dipendente, il quale aveva presentato una denuncia-querela nei confronti del legale rappresentante della società datrice di lavoro, fondata su accuse non veritiere.

Di conseguenza, secondo la Corte d’appello, la condotta posta in essere dal lavoratore era stata idonea a ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che deve sussistere tra lavoratore e datore di lavoro, tanto da escludere la possibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro.

Ritenendo la decisione ingiusta, il lavoratore aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Suprema Corte, riteneva, in effetti, di dover dar ragione al lavoratore, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
In effetti, doveva escludersi che: “la denuncia di fatti di potenziale rilievo penale accaduti nell’azienda possa integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento”, a meno che non venga dimostrato “il carattere calunnioso della denuncia medesima e quindi la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi”.

Sul punto, la Corte, aveva anche precisato che l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’ art.333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato agisca nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte accoglieva il ricorso proposto dal lavoratore, rinviando la causa al giudice d’appello, affinchè la questione venisse decisa, sulla base dei principi sopra enunciati.

 

 

 

IL CAPO PUO’ CONTROLLARE IL MIO PC ?

IL CAPO PUÒ ISPEZIONARE IL PC AZIENDALE?

La Corte di Cassazione, con la sentenzan. 22313 del 3 novembre 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in ordine al diritto del datore di lavoro  di controllare il materiale informatico assegnato ai propri dipendenti.

Secondo la Suprema Corte il datore di lavoro può sempre procedere all’ispezione ed al controllo del pc aziendale assegnato al proprio dipendente ma con modalità tali da non lederne la privacy.

Infatti la Cassazione accogliendo il primo motivo del ricorso  (in  applicazione del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 e dell’articolo 2104 c.c.)  sostiene che chi è chiamato a verificare il rispetto delle norme in materia di sicurezza informatica può apprendere il contenuto dei files che si trovano nello strumento informatico affidato dall’azienda al lavoratore, sicché la condotta di chi impedisca tale verifica deve essere qualificata come illegittima.

Secondo la Cassazione il primo motivo del ricorso è fondato nei sensi di seguito indicati.
Occorre premettere che il motivo non attiene alla materia dei c.d. controlli a distanza disciplinati dall’art. 4 della L. n. 300 del 1970, né all’utilizzo dei dati desunti dal computer aziendale, ma del controllo da parte del datore di lavoro sull’utilizzo dello strumento presente sul luogo di lavoro e in uso al lavoratore per lo svolgimento della prestazione.                                                                                 
Ed infatti, il datore di lavoro può effettuare dei controlli mirati (direttamente o attraverso la propria struttura) al fine di verificare il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro (cfr. artt. 2086, 2087 e 2104 cod. civ.), tra cui i p.c. aziendali; nell’esercizio di tale prerogativa, occorre tuttavia rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché, con specifico riferimento alla disciplina in materia di protezione dei dati personali dettata dal D.lgs 196 del 2003, i principi di correttezza (secondo cui le caratteristiche essenziali dei trattamenti devono essere rese note ai lavoratori), di pertinenza e non eccedenza di cui all’art. 11, comma 1, del Codice; ciò, tenuto conto che tali controlli possono determinare il trattamento di informazioni personali, anche non pertinenti, o di dati di carattere sensibile (cfr. sul punto Cass. civ. 05-04-2012, n. 5525 e n. 18443 del 01/08/2013).

E’ l’immacolata non si lavora

MA  IL VOSTRO CAPO PUO’ CHIEDERVI  DI  LAVORARE  IL  VENERDì  DELL’ IMMACOLATA ?

O IL LUNEDI’ DI NATALE ?

LA CASSAZIONE RISPONDE :  No!

Così la recentissima  Sentenza del 23 Novembre 2017 numero 27948  Ci dice che :

” E’ NULLO il provvedimento con cui il datore di lavoro impone al dipendente di prestare l’attività lavorativa nelle festività infrasettimanali in violazione della L. n. 260 del 1949 (nella specie, nelle giornate dell’8 dicembre, 25 aprile, 1 maggio e 6 gennaio, con la maggiorazione dei compensi prevista per il lavoro straordinario)” . Il patto è nullo anche se in lavoro infrasettimanale e festivo fosse previsto dal contratto collettivo, insomma caro lavoratore sei tu a decidere se vuoi lavorare all’immacolata oppure no !

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